Ho scelto un titolo importante, pesante, volutamente esagerato per aprire questa mia nuova rubrica sul calcio spagnolo. Titolo quasi più adatto alla sezione di politica estera di un quotidiano, piuttosto che a un blog di calcio.
Eppure, a pensarci bene, quella che è la storia di un popolo, o meglio, quella che è la storia di un'unione di popoli, si riflette in una delle sue passioni più comuni e profondamente radicate nei quattro angoli della penisola iberica: il calcio.
Non avevamo bisogno di arrivare nel duemilaundici per fare simili considerazioni, ma è pacifico che una stagione in cui abbiamo assistito all'arrivo di Josè Mourinho in Castiglia, ad un pokerissimo di clasicos e ad una "manita epocale", tanto per parafrasare un noto telecronista, ha sicuramente inasprito gli animi già tradizionalmente caldi sull'asse Madrid-Barcellona.

La Spagna dunque era divisa prima e risulta essere ad oggi ancora più divisa. La stessa Spagna che, dopo anni di letargo, ha unito sotto la sua bandiera i successi e i trionfi degli sportivi più diversi: tennisti, cestisti, piloti di moto e soprattutto calciatori. Indiscutibilmente il marchio di fabbrica della sua nazionale, attuale campione d'Europa e del mondo, è catalano: il Barcelona ha portato alla Selección la coppia di centrali attualmente più forte e collaudata al mondo, un centrocampo di palleggiatori che, a detta dei massimi esperti sportivi, è il segreto e il motore di questo ciclo d'oro dei nostri cugini latini, senza dimenticare altri elementi della cantera come Pedro Rodriguez o lo stesso Cesc Fabregas, trasferitosi già da minorenne in Inghilterra.
A Madrid stanno vivendo male il recente exploit degli arcirivali. I blancos, abituati alla loro posizione quasi aprioristica di leaderato assoluto in ogni trofeo a disposizione, hanno dovuto cedere il passo a dei nuovi padroni, a dei nuovi trionfatori (quasi) unanimemente glorificati, proprio quando il modello spagnolo inizia a essere riconosciuto per il suo marchio vincente in tutto il mondo.
Gli ultimi classici hanno fatto perdere la bussola ai giocatori del Real Madrid: la cinquina dell'andata, il distacco ormai incolmabile nella Liga e l'eliminazione in Champions League sono un'onta troppo grande per essere bilanciata dalla sola vittoria in Coppa del Re (finita disastrosamente sotto il pullman celebrativo quasi per mano di una moira, un destino beffardo, ironizzante sulla conquista del trofeo da parte della squadra che, negli scontri diretti, ha sempre cercato di distruggere il calcio altrui piuttosto che cercare di imporre il proprio). Gli ultimi episodi nel doppio confronto valevole per l'accesso alla finale di Champions hanno contribuito a esacerbare animi e toni delle dichiarazioni. Questo anche grazie alla logica oscurantista dell'allenatore dei blancos che, per coprire i propri errori e per coprire l'incapacità (umana) di ripetere il miracolo dell'anno passato, ha preferito puntare il dito su un'espulsione prima e su un gol annullato poi, con lo scopo di far passare inosservata la casella quasi vuota dei tiri in porta dei suoi giocatori, arrivando infine ad orchestrare la scena madre dell'espulsione cercata e utilizzata come alibi nella consueta rueda de prensa, condita questa volta da quello che in origine dovrebbe essere un avverbio interrogativo, ma che ormai in Spagna è diventato un ritornello: ¿por qué?
D'altra parte a Barcellona non hanno preso bene quello che è stato considerato un vero e proprio voltafaccia da parte dei compagni di squadra della nazionale, tramite testate giornalistiche sono volate parole grosse e già alla fine della partita di andata si erano viste pericolose scintille tra Piqué e Puyol da una parte e Sergio Ramos dall'altra. In questo caso stiamo parlando addirittura di compagni di reparto.
I riflettori sono dunque puntati sullo spogliatoio della nazionale. Le immagini che riprendono una Spagna felice e vincente, grazie all'unione delle forze dei due colossi calcistici locali, sembra lontana e in un anno troppe cose sono successe per far sì che tutto sia lasciato alle spalle. Eppure da Xavi a Casillas, da Del Bosque a Pedro, da Piqué a Xabi Alonso tutti assicurano che i recenti piccoli screzi siano stati dovuti alla tensione e all'alta posta in palio: no pasa nada, tutto come prima. Ci sarà da crederci? Lo sapremo fra un anno (quando sarà passata un'altra stagione che si preannuncia bollente)durante gli Europei in Polonia e Ucraina.
Riccardo Venturi