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27 maggio 2011

Futbol y Paella: Deja vù Champions

Molti la definiscono come la partita dell'anno, la sfida che farà la storia del nostro calcio, quel che certo è che sarà la finale di Champions League 2010/2011, Manchester United da una parte e Barcellona dall'altra, i colpi di scena...sono dietro l'angolo.

Eyjafjallajkull. Anche detto “Gudjohnsen”. All’apparenza sembrerebbe che stia dando i numeri, per di più in islandese. Il nome Eyjafjallajkull non è qualcosa di immediatamente riconducibile al calcio, ma i più attenti coglieranno immediatamente il riferimento. Vi dò un indizio: parlerò del Barcellona.
Torniamo indietro: aprile 2010. I “todopoderosos” blaugrana, già neocampioni di tutto, sono attesi a San Siro contro l’Inter per giocarsi l’accesso alla finale di Champions League. Finale che casualmente si sarebbe tenuta in casa dei loro più grandi rivali: il Santiago Bernabeu e il popolo madridista vivevano quei giorni con il terrore della possibile presenza del Barcellona nella partitissima e dell’eventuale riconferma dei campioni d’Europa in carica. Vedere Carles Puyol alzare la coppa dalle grandi orecchie in quello che per decenni è stato l’intoccabile palcoscenico di campionissimi del calibro di Puskas, Gento, Di Stefano, Butragueño e Raúl sarebbe stato uno smacco troppo grande per il miglior club calcistico del ventesimo secolo.
Eppure fin dalla vigilia, ciò che gli antichi di solito interpretavano come un cattivo presagio, prese la forma di una vera e propria difficoltà logistica. Un vulcano islandese, l’Eyjafjallajkull (e qui svelo l’arcano dell’incipit, precisando che “Gudjohnsen” è semplicemente il soprannome datogli da Josè Mourinho), proprio in quei giorni bloccò gli aeroporti di mezza Europa per la fuoriuscita dal cratere di un’enorme massa di fumo che pervase i cieli del continente.
La squadra di Pep Guardiola, come sono solite fare le squadre dilettantistiche, fu obbligata a raggiungere Milano col torpedone. Costretti a centinaia di chilometri in pullman e a due giorni di viaggio con pernottamento in Francia, i catalani non affrontarono la semifinale in condizioni ottimali, per usare un eufemismo. Sappiamo tutti come andò a finire. Ovviamente non vi è un rapporto di causa-effetto diretto tra il viaggio scomodo e la partita di Milano; ma ripensando all’episodio di un anno fa, Messi & co. avranno la pelle d’oca.
Neanche a farlo apposta, è proprio di pochi giorni fa la notizia del verificarsi di un fenomeno simile che coinvolge sempre un vulcano, una grande massa di fumo e l’Islanda; e ancora una volta in corrispondenza di una partita decisiva del massimo torneo continentale con i blaugrana protagonisti. Quest’anno l’allerta è minore ma nel dubbio il Barcellona, memore della precedente esperienza, si è premunito anticipando il viaggio verso Londra. Già martedì scorso la squadra campione di Spagna si trovava in terra inglese.

Effetto Déjà vu.
Un effetto che non sempre evoca ricordi negativi per il Barça: in un passato più remoto, ma comunque relativamente recente, a contendersi il titolo di migliore squadra del continente erano sempre Barcellona e Manchester United.
Maggio 2009; allora i favoriti erano gli inglesi. Eto’o prima e Messi poi, con due bellissimi goal, davano il via ad un ciclo impressionante di vittorie e ad una scia di entusiasmi sempre maggiori: era il primo Barcellona di un allenatore che si era appena affacciato sul palcoscenico del calcio internazionale e che già aveva fatto innamorare tutti; era il giocattolo perfetto costruito da Pep Guardiola, catalano della cantera, ex giocatore e bandiera della squadra che tuttora allena con successo.
Annichilire la squadra di Sir Alex Ferguson che si era consacrata come squadra da battere durante la stagione precedente e che vantava tra le sue fila un Cristiano Ronaldo all’apice della sua esperienza mancuniana, fu un piccolo capolavoro che, come già detto, segnò la svolta calcistica del millennio appena iniziato. Due anni dopo gli stessi protagonisti si fronteggiano a parti invertite. Un Manchester United giovane è dato da pochi come favorito, ma analizzando bene le potenzialità della squadra e considerando la storia del calcio per quel che vale, dovremmo concedergli, come quasi da regola in questi casi, la buona metà delle possibilità di portarsi a casa il banco. Se invece dovesse vincere il Barcellona sorretto da tutti i favori del pronostico, questo entrerà definitivamente nella storia delle rivoluzioni calcistiche.
Gli ingredienti per una finale da leggenda ci sono tutti e in fondo non ci sono elementi, neanche scaramantici, per potersi sbilanciare più di tanto. Che a parlare sia il campo dunque; Pep e Sir Alex, non deludeteci.


Riccardo Venturi