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8 giugno 2011

Squadra che vince..

Un bel campionato terminato con la beffa della mancata qualificazione in Champions League. Ma qual'è il futuro di questa Lazio? L'Europa era l'ultimo treno per tornare ad essere grandi? Parola a Ivan Piani..
 

31 Maggio 2011 – Finito il campionato è già pronto il leit motiv di Claudio Lotito per giustificare un mercato dove, come ogni anno e per cause molteplici, regnerà l’immobilità. “Squadra che vince non si tocca”. Dieci anni or sono il presidentissimo Sergio Cragnotti, uno che a detta di Raul Gardini pensava alla globalizzazione già negli anni ottanta, avrebbe risposto: “Squadra che vince si tocca e si rimotiva”. Purtroppo non abbiamo la possibilità di andare indietro nel tempo. Analizziamo, quindi, se la frase di Lotito ha un fondo di verità o è campata in aria.
La Lazio ha disputato una stagione al di sopra delle aspettative, questo è indubbio, ma in prospettiva è un gruppo senza radici. Tra giocatori che anagraficamente hanno superato ampiamente il momento top della carriera (Rocchi, Brocchi, Biava), quelli che sono arrivati a saturazione e cominciano la fase di discesa (Floccari, Matuzalem, Bresciano, Sculli) e quelli che si sono rivelati poco adatti al calcio…. italiano, o quanto meno a quello di vertice (Garrido, Gonzalez) la rosa biancoceleste sulla quale ripartire, o, in alcuni casi, fare mercato, è ridotta all’osso. Dias e Ledesma rappresentano le garanzie, i giocatori che, il primo a causa dell’età, il secondo per scelta di vita, soprattutto familiare, hanno sposato il “progetto” Lazio a lungo termine e sono quindi esenti da richiami verso altri lidi, Muslera, Radu, Lichtsteiner, Hernanes e Zarate. Una società competente e con la voglia di migliorare e migliorarsi ripartirebbe da loro. Invece ad oggi i primi due sono un problema causa scadenze di contratto, anche se la situazione del terzino romeno sembra leggermente più rosea per la volontà di rimanere a Roma dello stesso e per i non pessimi rapporti di Lotito con il suo agente Becali. Il fluidificante svizzero, invece, nell’ambiente della dirigenza laziale viene considerato una opportunità e Lotito non perde occasione per ricordare a tutti che “chi paga la clausola del contratto di Lichtsteiner compra il giocatore”. Tradotto, è in vendita a undici milioni di euro, per favore compratelo. Dulcis in fundo “Il profeta” e “el pibe di Haedo”. Incedibili per motivi diversi, se non a cifre che in questo mercato poche squadre possono permettersi di tirare fuori. Per ora non sono un problema. Probabilmente, purtroppo, lo saranno negli anni a venire.
La compagine biancoazzurra è, quindi, a dispetto di quanto dice il suo presidente, una squadra da toccare, svecchiare e migliorare. Servirebbero soldi, è vero, o quanto meno servirebbe spendere bene i pochi che si hanno e non alleggerire il monte ingaggi e rimpinguare le casse del Genoa e del sedicente Enrico Preziosi sempre disposto a vendere a caro prezzo i suoi gioielli di 30 anni all’amico Claudio. Vatti a fidare degli amici al giorno d’oggi. Servirebbe evitare scommesse extracomunitarie come Carrizo e Makinwa (lo scorso anno è stato rinnovato il contratto per poterlo spedire in prestito al Larissa, in Grecia), che bloccano il mercato oltreoceano. Servirebbe una rete di osservatori che monitorizzi il mercato dei giovani calciatori. Qualsiasi squadra, specialmente se non assistita da grossi mezzi finanziari, dovrebbe averne una. La Lazio no. La Lazio agisce sul mercato con la supponenza di chi ha ingenti somme di denaro da buttare quando invece il portafoglio della società è più che vuoto. Como a vuoto è andato il tentativo di Lotito di arrivare con le buone o le cattive in Champions League, quella si, fonte di guadagni. Non sono bastate accuse di tintinnio di manette a minacce di task force. L’Udinese ha meritato, schierando una banda di ragazzini affamati, parte dei quali sarà venduta ora al miglior offerente, come dovrebbe fare qualsiasi squadra di medio livello per crescere. Squadra di medio livello, lo stesso della Lazio di oggi dati alla mano e da come si evince dalla ripartizione dei diritti televisivi, una squadra che non da l’impressione di voler crescere, nel suo piccolo, ma sempre di vivacchiare. Dal 2004.


    Ivan Piani