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21 gennaio 2014

Russia, dal pallone alle palle di neve?

Dopo aver acquistato Samuel Eto'o dall'Inter, l'Anzhi Makhachkala ha scritto una pagina importante del nostro calcio: e' la prima volta che una società russa riesce ad assicurarsi un top player ancora nel pieno della propria carriera, quel calciatore ancora in grado di fare la differenza in tutte le competizioni, un'atleta che non aveva bisogno di offrirsi per ricevere proposte di contratto milionarie da ogni angolo del mondo. Insomma, con il solo acquisto di del “leone d'Africa”, a livello sportivo, la Russia calcistica ha fatto un salto di qualità enorme rivelandosi non più meta di pensioni dorate come la Major League Soccer o gli Emirati Arabi, ma un campionato divertente, affascinante, e finalmente, competitivo a tutti i livelli.
Ma l'Anzhi non è solo Eto'o, da quando l'imprenditore russo Suleyman Kerimov è diventato presidente, il club di Makhachkala ha acquistato nell'ordine: il veterano Roberto Carlos, che si è reinventato centrocampista centrale, la promettente ala del Psv Eindhoven Balàsz Dzsudzsak, la promessa mancata Diego Tardelli, il futuro metronomo della nazionale brasiliana Jucilei, e la stella marocchina dell'Anderlecht, Mark Boussoufa, per una spesa totale di 67 milioni di euro.
Non solo Anzhi. Nella Russian Premier League troviamo squadre molto forti come Rubin Kazan, Zenit San Pietroburgo, Spartak Mosca, Cska, Lokomotiv Mosca, Terek Grozny tutti club molto ricchi che già dalla prossima stagione proveranno a mettere in crisi le grandissime d'Europa.
Insomma, stiamo passando dal gioco del pallone a quello delle palle di neve? E' questa la nuova frontiera del calcio? A voi l'ardua sentenza.

Enrico Ciccarelli

Fabregas cuore blaugrana?

Dopo le visite mediche, la firma del contratto e le foto di rito con tanto di bacio sulla maglia, Cesc Fabregas è diventato (nuovamente) un giocatore del Barcellona.
Un colpo niente male da parte della dirigenza blaugrana che si porta a casa un pezzo da novanta, uno dei centrocampisti più forti del mondo con soli 29 milioni di euro (più 5 di bonus). Lo stesso tecnico dei Gunners, Arsene Wenger, non è riuscito a nascondere la rabbia per il prezzo scontato con cui è stato ceduto il suo pupillo: “Abbiamo venduto Cesc a prezzo scontato, se fosse stato sul mercato per un club qualsiasi avremmo ottenuto molto di più”; a conferma di queste parole la stampa brittannica racconta di alcune offerte pervenute negli anni scorsi in quel di Londra, proposte che si avvicinavano alla soglia dei 50 milioni di euro; Wenger conferma: “Se Cesc è in vendita e lo puoi mettere all'asta tra Real Madrid, Chelsea e Manchester City, sicuramente puoi ottenere molto di più, ma lui voleva andare solo a Barcellona”.Insomma la perdita del talento spagnolo per l'Arsenal è stato un bruttissimo colpo, non solo tecnico, dato il valore immenso del calciatore, ma soprattutto economico, poiché vendendo il giocatore al miglior offerente l'Arsenal avrebbe ottenuto soldi freschi da reinvestire subito sul mercato.


Si tratta allora di un colpaccio del Barcellona? Anche qui consiglierei di vedere il bicchiere mezzo vuoto, dato che i catalani probabilmente hanno speso tra i 29 e i 34 milioni di euro per un loro calciatore. Facciamo ordine: per i pochi che non lo sapessero, Fabregas è cresciuto calcisticamente all'ombra del Camp Nou, facendosi tutta la trafila delle giovanili blaugrana, ma l'11 settembre del 2003, Arsene Wenger gli propone un contratto da professionista e la possibilità di mettersi in mostra in Premier League, cosa che entusiasma il giovane Cesc che non ci pensa su due volte prima di mettere nero su bianco, lasciando i dirigenti blaugrana con un pugno di mosche in mano e privandolo di uno dei suoi maggiori talenti fatti in casa. Da notare che stiamo parlando di un Barcellona che nella stagione 2002/2003 raggiungeva a malapena la Coppa Uefa con uno striminzito sesto posto in campionato e che vantava nell'orbita dei suoi titolari gente come Kluivert, Patrick Anderson, Riquelme, Reiziger, Mendieta, Gabri. Insomma tutt'altra squadra rispetto a quella di oggi.
Intanto passano gli anni, il Barcellona prima con Rivaldo, poi con Ronaldinho e Messi, torna nell'elìte del calcio mondiale, e Fabregas inizia ad imporsi sia in Inghilterra che a livello internazionale, ma allo stesso tempo la nostalgia di casa e della sua terra diventano sempre più laceranti finchè il 16 Agosto del 2011 viene ufficializzato il suo ritorno a casa, il figliol prodigo torna da dove è partito, per la gioia di tutti i tifosi e dei dirigenti spagnoli.
Cosa emerge da tutta questa storia? A mio parere non tanto il cuore e l'amore sconfinato di Fabregas verso i suoi colori – come molti giornalisti invece vogliono far credere – ma l'opportunismo del calciatore, che così come tanti altri atleti del nostro sport, ormai giungono solo dove sentono odore di soldi, perchè non vi lasciate incantare dalle favole, Fabregas al Barca intascherà la bellezza di 7 mln di euro a stagione, cifra da capogiro che non avrebbe mai potuto conoscere se non fosse “scappato” lontano dall'Emirates Stadium. Non mi resta che fargli i miei auguri: buona fortuna Cesc.


Enrico Ciccarelli

8 giugno 2011

Squadra che vince..

Un bel campionato terminato con la beffa della mancata qualificazione in Champions League. Ma qual'è il futuro di questa Lazio? L'Europa era l'ultimo treno per tornare ad essere grandi? Parola a Ivan Piani..
 

31 Maggio 2011 – Finito il campionato è già pronto il leit motiv di Claudio Lotito per giustificare un mercato dove, come ogni anno e per cause molteplici, regnerà l’immobilità. “Squadra che vince non si tocca”. Dieci anni or sono il presidentissimo Sergio Cragnotti, uno che a detta di Raul Gardini pensava alla globalizzazione già negli anni ottanta, avrebbe risposto: “Squadra che vince si tocca e si rimotiva”. Purtroppo non abbiamo la possibilità di andare indietro nel tempo. Analizziamo, quindi, se la frase di Lotito ha un fondo di verità o è campata in aria.
La Lazio ha disputato una stagione al di sopra delle aspettative, questo è indubbio, ma in prospettiva è un gruppo senza radici. Tra giocatori che anagraficamente hanno superato ampiamente il momento top della carriera (Rocchi, Brocchi, Biava), quelli che sono arrivati a saturazione e cominciano la fase di discesa (Floccari, Matuzalem, Bresciano, Sculli) e quelli che si sono rivelati poco adatti al calcio…. italiano, o quanto meno a quello di vertice (Garrido, Gonzalez) la rosa biancoceleste sulla quale ripartire, o, in alcuni casi, fare mercato, è ridotta all’osso. Dias e Ledesma rappresentano le garanzie, i giocatori che, il primo a causa dell’età, il secondo per scelta di vita, soprattutto familiare, hanno sposato il “progetto” Lazio a lungo termine e sono quindi esenti da richiami verso altri lidi, Muslera, Radu, Lichtsteiner, Hernanes e Zarate. Una società competente e con la voglia di migliorare e migliorarsi ripartirebbe da loro. Invece ad oggi i primi due sono un problema causa scadenze di contratto, anche se la situazione del terzino romeno sembra leggermente più rosea per la volontà di rimanere a Roma dello stesso e per i non pessimi rapporti di Lotito con il suo agente Becali. Il fluidificante svizzero, invece, nell’ambiente della dirigenza laziale viene considerato una opportunità e Lotito non perde occasione per ricordare a tutti che “chi paga la clausola del contratto di Lichtsteiner compra il giocatore”. Tradotto, è in vendita a undici milioni di euro, per favore compratelo. Dulcis in fundo “Il profeta” e “el pibe di Haedo”. Incedibili per motivi diversi, se non a cifre che in questo mercato poche squadre possono permettersi di tirare fuori. Per ora non sono un problema. Probabilmente, purtroppo, lo saranno negli anni a venire.
La compagine biancoazzurra è, quindi, a dispetto di quanto dice il suo presidente, una squadra da toccare, svecchiare e migliorare. Servirebbero soldi, è vero, o quanto meno servirebbe spendere bene i pochi che si hanno e non alleggerire il monte ingaggi e rimpinguare le casse del Genoa e del sedicente Enrico Preziosi sempre disposto a vendere a caro prezzo i suoi gioielli di 30 anni all’amico Claudio. Vatti a fidare degli amici al giorno d’oggi. Servirebbe evitare scommesse extracomunitarie come Carrizo e Makinwa (lo scorso anno è stato rinnovato il contratto per poterlo spedire in prestito al Larissa, in Grecia), che bloccano il mercato oltreoceano. Servirebbe una rete di osservatori che monitorizzi il mercato dei giovani calciatori. Qualsiasi squadra, specialmente se non assistita da grossi mezzi finanziari, dovrebbe averne una. La Lazio no. La Lazio agisce sul mercato con la supponenza di chi ha ingenti somme di denaro da buttare quando invece il portafoglio della società è più che vuoto. Como a vuoto è andato il tentativo di Lotito di arrivare con le buone o le cattive in Champions League, quella si, fonte di guadagni. Non sono bastate accuse di tintinnio di manette a minacce di task force. L’Udinese ha meritato, schierando una banda di ragazzini affamati, parte dei quali sarà venduta ora al miglior offerente, come dovrebbe fare qualsiasi squadra di medio livello per crescere. Squadra di medio livello, lo stesso della Lazio di oggi dati alla mano e da come si evince dalla ripartizione dei diritti televisivi, una squadra che non da l’impressione di voler crescere, nel suo piccolo, ma sempre di vivacchiare. Dal 2004.


    Ivan Piani

7 giugno 2011

Non è il primo scandalo pallonaro e non sarà l'ultimo..scommettiamo?

Il nostro Francesco Ferlito inaugura la rubrica "Giustizia Calcistica" dove ogni settimana verranno approfonditi tutti quei temi che si situano a metà tra il diritto e lo sport; dove si cercheranno di chiarire tutte quelle vicende che agli occhi del grande pubblico, molto spesso, restano ambigue. Allora non ci resta che lasciare la parola al nostro avvocato:

Gentili lettori,
il recente insorgere dello scandalo calcio-scommesse ha dato il via all’ennesima estate di passione del calcio italiano, aprendo scenari che potrebbero sconvolgere ancora una volta la geografia del pallone, a soli sei anni di distanza dall’ultimo tsunami verificatosi su questi lidi, tristemente noto come “Calciopoli”.
Andiamo per gradi e cerchiamo di ricostruire gli estremi della vicenda, anche per capire quali conseguenze potrebbero esserci in ambito prettamente sportivo.
La scorsa settimana il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Cremona ha emanato un’ordinanza di custodia cautelare a carico di sedici soggetti, accusati di aver posto in essere una vera e propria organizzazione criminosa in grado di condizionare il regolare svolgimento delle partite dei vari campionati professionistici, al fine di ricavare ingenti profitti scommettendo sugli esiti delle stesse.
È doveroso sottolineare, innanzitutto, che il procedimento penale avviatosi a Cremona si trova nella fase delle indagini preliminari, con la logica conseguenza che tutte le contestazioni addebitate agli indagati dovranno necessariamente trovare riscontro nell'eventuale giudizio penale: non c’è al momento nessun processo penale, né ci sono degli imputati (ma semplicemente degli indagati), per cui sarebbe opportuno evitare qualsiasi tipo di gogna mediatica ed aspettare pazientemente l’evolversi della situazione.
D’altro canto, va detto che l’adozione delle misure cautelari è stata certo legittimata dal fatto che nei confronti dei sedici soggetti sopra citati sono stati raccolti nel corso delle indagini indizi di colpevolezza gravi, precisi e concordanti. 



Ma da dove è partita l’intera vicenda?
L'indagine condotta dalla Procura di Cremona, denominata "Last Bet" ("Ultima scommessa"), ha preso origine da un evento inusuale avvenuto in occasione della partita di Lega Pro Cremonese – Paganese, disputatasi il 14 novembre 2010. Il 10 dicembre 2010 il rappresentante legale della U.S. Cremonese ha sporto denuncia presso la Questura di Cremona, affermando che durante e dopo la partita ben cinque giocatori (ed un collaboratore dello staff) avevano accusato seri malesseri ed una situazione di “annebbiamento”, tali da pregiudicarne sensibilmente il rendimento sul campo, come se fossero stati “avvelenati” negli spogliatoi. In alcuni dei calciatori è stata infatti evidenziata la massiccia presenza del principio attivo “Lormetazepam", utilizzato contro i disturbi di ansia e del sonno, normalmente commercializzato con il nome di “Minias”, il quale, assunto senza ragione ed in dosi elevate, produce uno stato soporoso ed abbassa le funzioni vitali. Grazie all’intercettazione delle utenze di chi poteva avere accesso agli spogliatoi, è venuto presto alla luce non solo il coinvolgimento in tale specifico episodio dell'allora portiere della U.S. Cremonese, Marco Paoloni, ma l’esistenza di una fitta rete di accordi ed attività corruttive da parte di uno stabile insieme di persone, in grado di manipolare le partite dei vari campionati professionistici. In un primo momento lo strumento investigativo delle intercettazioni è stato autorizzato in riferimento al reato di cui all'art. 440 c.p., intitolato "Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari", ma dopo la scoperta dell'esistenza di un siffatto sodalizio è stato altresì utilizzato in relazione al reato associativo ex art. 416 c.p., intitolato "Associazione per delinquere”, nello specifico finalizzata all’alterazione del regolare svolgimento delle partite di calcio.
In un futuro processo penale bisognerà accertare se i soggetti coinvolti saranno giudicati responsabili di tale reato associativo, per il quale sono previste pene piuttosto aspre, o se risponderanno piuttosto del meno grave reato di cui all'art. 1 della legge 401/1989, intitolato “Frode in competizioni sportive”.
Veniamo ora al profilo sportivo di questa triste vicenda, che “viaggia” su un binario parallelo rispetto al procedimento penale.
La giustizia sportiva è chiamata ancora una volta a risolvere in tempi brevi una situazione in cui numerosi sono gli interessi in gioco (di dirigenti e calciatori tesserati, di società affiliate presso la Federazione, nonché di noi “poveri” tifosi), poiché per sua stessa natura è improntata alla celerità nelle decisioni, come si è già avuto modo di constatare nel caso “Calciopoli”.
L’ordinamento sportivo stigmatizza pesantemente il fenomeno delle scommesse e degli illeciti sportivi, rispettivamente agli artt. 6 e 7 del Codice di Giustizia Sportiva, prevedendosi per la violazione di tali disposizioni sanzioni che vanno dall’inibizione a pesanti squalifiche. Da quanto detto finora è pacifico che i soggetti a vario titolo coinvolti risponderanno personalmente delle loro azioni sia in sede penale che in sede sportiva (qui solo se tesserati), ma il nodo cruciale che preoccupa in particolare i tifosi è rappresentato dalla sorte che toccherà ai club chiamati a rispondere dell’operato dei propri tesserati, con il serio rischio di doversi nuovamente riscrivere le classifiche dei diversi campionati.
A questo punto è fondamentale soffermarsi sulla distinzione tra responsabilità oggettiva e responsabilità diretta. La responsabilità oggettiva è un tipico istituto dell’ordinamento sportivo, per cui sono imputati a priori alle società sportive professionistiche i comportamenti illeciti dei propri tesserati, anche qualora le stesse siano sostanzialmente immuni da colpa. La sua ratio poggia su necessità operative ed organizzative, nel senso che rende imputabili ad un soggetto eventi dannosi a prescindere, permettendo di venire a capo di situazioni che altrimenti richiederebbero per lo loro definizione lunghe procedure e complessi accertamenti.
Le società di calcio implicate nello scandalo, dunque, saranno chiamate a rispondere dinanzi alla giustizia sportiva quantomeno a titolo di responsabilità oggettiva, rischiando sanzioni che potranno anche risolversi, nella migliore delle ipotesi, in una mera penalizzazione in classifica, mentre se verrà accertata la responsabilità diretta, e cioè la responsabilità di soggetti in posizione apicale delle società medesime (presidenti ed amministratori delegati), le sanzioni saranno ben più gravi, come la retrocessione all’ultimo posto in classifica.
Sperando di aver risolto alcuni dei vostri dubbi e di aver fatto un po’ di chiarezza, non posso far altro che darvi appuntamento alla prossima puntata di questa rubrica, in cui mi occuperò più da vicino dei protagonisti di questa brutta pagina del nostro calcio e tenterò di fare un pronostico sull’esito degli imminenti processi sportivi, alla luce di quello che emergerà nelle prossime settimane.
Una cosa comunque è certa: sotto l’ombrellone, anche per quest’anno, non si parlerà solo di calciomercato…

Francesco Ferlito

6 giugno 2011

Il Biscione nerazzurro: Un occhio al passato ed uno sguardo al futuro

Il nostro Donato Parisi inaugura la sua rubrica interamente dedicata alla Milano nerazzurra. Tra colpi di mercato e progetti per la prossima stagione, ne vedremo delle belle.

Il 29 maggio 2011 è certamente l’ultima delle tante date importanti della storia dell’Inter. Allo Stadio Olimpico c’è in palio la Coppa Italia e di fronte c’è un Palermo motivatissimo che non ha niente da perdere, pronto con i suoi “ragazzini terribili” a far male alla retroguardia nerazzurra. Come tante volte negli ultimi anni (un po’ meno nella recente stagione) è nelle partite importanti che viene fuori il carattere dell’Inter. Il Palermo gioca bene, a tratti ci mette in difficoltà, ma l’Inter non si disunisce e, trascinata da Samuel Eto’o, il migliore attaccante della Serie A 2010/2011, riesce a portare a casa match e coppa, aggiungendo un trofeo in più alla sua sempre più ricca bacheca.
Chiaramente, dopo la stagione del “triplete”, che ha consentito all’Inter di salire sul tetto d’Europa e poi del mondo, i tifosi si sarebbero aspettati ben altro che la “solita” Coppa Italia (la 4° nelle ultime 7 stagioni) e questo trofeo è servito più che altro a nascondere, in parte, una stagione a tratti negativa e a non permettere ai tifosi avversari di assillarci con l’ormai famoso “zeru tituli”!
Si sa, le stagioni successive alla vittoria della Champions sono sempre le più difficili. Basti ricordare il fenomenale Barcellona di Rijkaard, capace nella stagione 2006/2007 di non portare a casa nessuno dei 6 trofei disponibili, compreso il Mondiale per Club. Questa strana stagione dell’Inter è iniziata da dove era finita, cioè dal 22 maggio 2010. Neanche il tempo di alzare la Champions League e già arrivano le prime brutte notizie: l’eroe Diego Milito la sera stessa dice di avere molte offerte, Josè Mourinho conferma che sarebbe andato al Real Madrid e così via…
Dopo un estate tutt’altro che tranquilla per i giocatori interisti, molti dei quali impegnati nel Mondiale sudafricano, si arriva alla stagione successiva fisicamente e psicologicamente realizzati, senza più stimoli. Giocatori come Maicon e Milito poi, colonne portanti dell’Inter degli ultimi anni, anziché restare fedeli ai colori nerazzurri, hanno sentito il desiderio di cambiare aria, e sono stati trattenuti mal volentieri anziché essere venduti a peso d’oro dopo una stagione in cui il loro valore economico era aumentato in modo esponenziale.
Complici poi i numerosi infortuni (su tutti quelli di Milito e Samuel) e l’eccessiva “normalità” del povero Rafa Benitez, la stagione parte in malo modo e a metà campionato i punti di distacco dal Milan capolista diventano davvero troppi. In questo momento negativo il Mondiale per Club, vinto superando il modesto Mazembe, è l’ennesimo calmante necessario per risolvere i primi malumori. 
A questo punto l’ostracismo dei giocatori dell’Inter nei confronti di Benitez è evidente e subentra Leonardo. L’inizio di Leo è fantastico, l’Inter tutta samba e divertimento vince, ma certamente non convince (specialmente in difesa, dove l’assenza di Samuel pesa). Poi gli ennesimi problemi fisici tornano a farsi sentire verso Aprile, e dopo l’impresa di Monaco contro il Bayern, il momento più bello della stagione interista, nelle due partite fondamentali della stagione l’Inter è costretta a mollare dinanzi al Milan e allo Schalke 04, dicendo addio in un colpo solo ai 2 maggiori obiettivi stagionali.
Adesso però è tempo di pensare alla prossima stagione, e per farlo servirà imparare dagli errori commessi nella precedente, a partire dagli acquisti e dalle cessioni estive.  Il modo migliore per cominciare a ravvivare la piazza è sempre quello di comprare un campione, e in questo momento servirebbe qualcuno da affiancare ad Eto’o e Pazzini, vista la poca affidabilità di Pandev e la poca duttilità di Milito. I nomi ci sono, e tra questi quello più utile alla causa nerazzurra potrebbe essere Alexis Sanchez, da 4 anni ormai in Italia e giunto ad una definitiva maturazione. L’Udinese però chiede tanti soldi e la concorrenza è tanta, quindi in caso di insuccesso buoni ripiegamenti potrebbero essere Hazard, Palacio o quel Giuseppe Rossi che tanto bene ha fatto l'altro giorno in Nazionale contro l'Estonia. Inoltre se Maicon non è più motivato e vuole raggiungere Mourinho al Real, che vada pure, a patto di venderlo almeno per 20 milioni e sostituendolo in modo adeguato.
Anche Leonardo, dall’anno prossimo alla sua terza stagione in panchina, ha tanto da imparare dagli errori commessi. Prendere troppi goal, anche se ne fai tanti, non è mai una buona cosa e specialmente in Champions League rischi di trovarti in una serata storta e subire cinque goal da squadre molto più deboli ma messe meglio in campo. Il suo compito più importante sarà quello di trovare il giusto equilibrio, magari inculcando ai giocatori quello spirito di squadra e di sacrificio che Mourinho aveva trasmesso perfettamente anche ad una “prima donna” come Eto’o.
La stagione 2011/2012 dell’Inter, quindi, non comincerà a fine agosto, ma adesso. Con un occhio al passato ed uno sguardo al futuro, sono sicuro che anche l’anno prossimo l’Inter dirà la sua in campo nazionale ed internazionale e magari Javier Zanetti alzerà ancora qualche trofeo nei prossimi anni prima di prendersi una lunga e meritata vacanza…


Donato Parisi

4 giugno 2011

Road to Japan: Kengo Nakamura

Non solo giovani in rampa di lancio, il nostro Gabriele Anello ci suggerisce un giocatore di esperienza e dalle comprovate doti tecniche: Kengo Nakamura.


Storia
Fedelissimo: così si potrebbe iniziare descrivendo la carriera di Kengo Nakamura. Sì, perché il centrocampista giapponese finora è stato (ed è tutt’ora, salvo clamorose offerte da club europei a cui speriamo di metter una pulce nell’orecchio) un alfiere infallibile nei risultati che, negli ultimi anni, hanno portato il Kawasaki Frontale ad essere un top-club nella J-League. Ma andiamo con ordine.

Kengo Nakamura nasce a Kodaira, nella prefettura di Tokyo, il 31 Ottobre del 1980. Segue l’onda dell’espansione del calcio in Giappone e, con essa, crescono anche le sue capacità: nel 2003 decide di partecipare ad una prova a libera ammissione indetta dal Kawasaki Frontale, allora impelagato nelle acque paludose della seconda divisione e nato solo 3 anni prima – insomma, in piena costruzione. Ciò nonostante, Nakamura passa il test ed entra a far parte della squadra che, grazie anche alla sua presenza, comincia ad ottenere risultati interessanti, giungendo alla promozione nel 2004 e contribuendo in maniera importante a tali risultati (104 gol in 44 partite per i nero celesti, che sono una sorpresa).

A sinistra, Kengo Nakamura.
Inutile dire che, da lì in poi, il fedele Kengo non fa che esaltarsi: dopo il primo anno di apprendistato, il Kawasaki Frontale sorprende l’intera lega, conquistando un 2° posto, superando anche formazioni molto più blasonate. Nakamura realizza molti gol e ben interpreta lo schema tattico, anche grazie ad un aggiustamento del suo tecnico Takeshi Sekizuka (che ora lavora in nazionale come vice di Alberto Zaccheroni): alla natura offensiva del giocatore, che fino a quel momento era stato un eccellente trequartista, decide di aggiungere ulteriori doti da mediano, trasformandolo in un Pirlo arretrato, emulando quindi la stessa mossa che Ancelotti fece nel 2002 con il giocatore del Milan.

Nel frattempo, anche in nazionale qualcuno comincia a notarlo.. manca di poco la convocazione ai Mondiali del 2006, ma dopo la loro conclusione, il nuovo C.T. della nazionale, Ivica Osim, comincia a convocarlo e a renderlo una colonna portante della squadra, anche per cercare di supplire alla mancanza di un talento come Hidetoshi Nakata (che, dopo il mondiale, si è intanto ritirato) – con Endo forma un cerniera di centrocampo con tanto cervello e molta precisione nei piedi, anche se il Giappone arriva solo quarto nella Coppa d’Asia del 2007.

Ora che il Kawasaki Frontale è una realtà importante, Nakamura ne diventa il capitano ed ogni anno colleziona grandissime prestazioni – a testimoniarlo è l’elezione per 5 anni consecutivi (dal 2006 al 2010) nel Top11 della J-League – per altro condite da almeno 6-7 gol a stagione, grazie ad una buona capacità di tiro con entrambi i piedi. A mancare però sono altre cose, ovvero le vittorie: dal 2006, il Kawasaki ottiene 3 secondi posti in campionato (arrivando a 2 punti dal titolo nel 2009) e due finali, entrambe perse, nella J-League Cup, la coppa riservata ai club della massima divisione giapponese. Nonostante ciò, il rendimento di Kengo non crolla mai, stabile, continuo e sempre con la stessa maglia.

In nazionale, le cose vanno leggermente meglio: nonostante il cambio di C.T. (è arrivato quel vecchio volpone di Takeshi Okada, già autore del miracolo qualificazione ai mondiali del 1998), Nakamura gioca ben 49 partite tra il 2006 ed il 2010 con la maglia dei samurai blu, fornendo prestazioni importanti per la nazionale, che consentono anche la qualificazione ai mondiali del 2010 con largo anticipo; ma l’imprevisto è in agguato. Nel febbraio dello stesso anno, subisce la frattura alla mandibola che rischia di costargli il posto in squadra in Sudafrica; un recupero miracoloso mette Okada nelle condizioni di inserirlo nella lista dei 23 per il mondiale, dove però, a sorpresa, non gioca mai, se non una presenza da subentrato – al suo posto giocano Abe (oggi al Leicester City) e Hasebe (oggi al Wolfsburg), piedi meno fini, ma con più fisico. Con Zac una convocazione per un’amichevole a settembre, poi il nulla: che per il 30enne centrocampista, la nazionale, sia ormai solo un nostalgico ricordo?



Doti tecnico-tattiche

Indubbiamente, come già detto in precedenza nell’articolo, è un giocatore fondamentale nelle dinamiche delle squadre per cui ha giocato: ragazzo dai piedi buoni, sia sinistro che destro, dal tiro letale e dal passaggio ben calibrato, è adatto a qualsiasi posizione da centrocampista centrale.
Può fare il mediano, può fare il trequartista, può fare il centrocampista centrale, in occorrenza anche la mezz’ala. Non fa mancare nulla: negli ultimi anni, tende a far passare il gioco dai suoi piedi, quando si tratta di “iniziare” l’azione – insomma, si sta trasformando, con il passare degli anni, in un regista classico vecchio stampo che fa bene a qualunque squadra (non per niente, il suo giocatore modello è Josep Guardiola). Ciò nonostante fornisce un apporto discreto in termini di gol, tanto che da quando ha iniziato a giocare da professionista non è mai andato sotto i 4 gol stagionali, arrivando nel 2006 addirittura a 14 fra tutte le competizioni.. senza contare gli assist innumerevoli.




Consigli per gli acquisti

Ma a chi veramente può servire un quasi 31enne, in un calcio così permeato dalla voglia di giovani? Bisogna sempre ricordare che qualche elemento di esperienza può incidere: motivazioni per andare via non ci sarebbero, se non il fatto che, in questi anni di fedelissima militanza, non ha praticamente vinto nulla e non sembra che ci siano condizioni diverse per il futuro. Una sfida europea potrebbe anche intrigarlo. E del resto, in un paese soprattutto come il nostro, dove i vari Pirlo, Volpi, Corini, Liverani – insomma, i registi puri – si stanno estinguendo, perché non provare quest’azzardo con un giocatore di sicuro valore? “Non è più un paese per registi?”


Gabriele Anello

Calciomercato Internazionale: Il Punto sulle trattative più importanti

L'Udinese intavola trattative per i suoi gioielli, il Napoli sceglie il centrocampista, mentre la Juventus cerca il colpo dell'Estate! Il Milan? Si aspetta l'apertura al secondo extracomunitario..


 Capitolo MILAN 

"A noi serve un giocatore, uno solo. L'identikit? L'occhio ceruleo". Incalzato dai giornalisti sulle future mosse di mercato, l'a.d. del Milan, Adriano Galliani, ha risposto con una battuta: "Noi abbiamo bisogno di un solo giocatore. Le caratteristiche le conoscete. Affari fra noi e la terza del campionato? Teoricamente sì, dal punto di vista politico non ci sono problemi ma se si parla di Hamsik rispondo che non lo tocchiamo e non lo toccheremo. A livello politico possiamo fare affari anche con la seconda, con la quinta, con la quarta no perchè è passata con le piccole in Lega...ovviamente scherzo, ma al momento non ci sono affari previsti fra grandi e piccole". Poi su altri nomi ha spiegato: "Pastore? Non lo trattiamo. È una mezzapunta e noi invece continuano a cercare una mezzala sinistra. Witsel dello Standard Liegi? È un discreto giocatore ma è presto per parlare di queste cose. Asamoah? Con l'Udinese non facciamo affari" e, ultimo, Aquilani sul quale Galliani ha replicato con un deciso "non lo trattiamo". Il mercato rossonero poi è in attesa delle nuove regole sui tesseramenti. "Per ora noi aspettiamo perchè non possiamo andare sul mercato extracomunitario; il posto che avevamo libero è stato occupato. La norma che regola l'accesso degli extracomunitari dovrebbe comunque passare prima della chiusura del mercato e quindi si aprirebbe la possibilità di avere un secondo giocatore. Possiamo aspettare". Infine il sogno Cristiano Ronaldo che è "inarrivabile perchè il Real Madrid fattura il doppio di noi e perchè la fiscalità in Spagna è del 50% inferiore alla nostra. Tutto qua".


 Asse Udinese-Genoa  
Gino Pozzo, figlio del presidente dell'Udinese Giampaolo Pozzo, è uscito dall'Hotel Principi di Savoia, accompagnato dal direttore sportivo bianconero Fabrizio Larini. Pozzo ha dichiarato: "Non ho incontrato né Juventus Inter, adesso sto andando all'aeroporto e tornando a Udine. Novità su Sanchez e Inler non ce ne sono. Inler non lo abbiamo promesso a nessuno, è sempre un giocatore dell'Udinese". Al Savoia comunque l'Udinese di è incontrata con il d.s del Genoa, Stefano Capozucca: probabilmente le due società hanno parlato di Floro Flores. L'attaccante di proprietà dell'Udinese ha chiuso la stagione al Genoa, che adesso deve esercitare il diritto di riscatto entro il 25 giugno; il presidente Enrico Preziosi vorrebbe spendere di meno degli 8,5 milioni previsti dall'accordo di gennaio e prova ad inserire nella trattiva la seconda metà del cartellino di Forestieri, in comproprietà fra le due società. Infine nella sede del mercato si è visto anche Claudio Vagheggi, procuratore tra gli altri di Asamoah, uno dei possibili obiettivi del Milan: probabile che si sia parlato del futuro del ghanese.



 Uno sguardo al Barca 
Il Barcellona su Thiago Silva. Secondo il sito del quotidiano spagnolo Marca, il difensore del Milan è nel mirino del club catalano che deve fare i conti con le condizioni fisiche di Carles Puyol (alle prese con un problema al ginocchio) e la partenza di Gabriel Milito. Pep Guardiola ha individuato nel centrale brasiliano il rinforzo numero uno per la sua difesa. Già lo scorso anno, secondo Marca, il Barcellona e il Real Madrid si erano interessati a Thiago Silva che ha recentemente rinnovato il contratto con il Milan fino al 2016. Secondo il sito del quotidiano madrileno il club rossonero non lo lascerà partire per una cifra inferiore ai 25 milioni di euro. Sul giocatore c'era anche il Chelsea che però a gennaio ha puntato su David Luiz, prelevandolo dal Benfica. Il Barcellona nei prossimi giorni potrebbe presentare un'offerta ufficiale e inserire nella trattativa, come parziale contropartita tecnica, l'ex Inter Maxwell. Il brasiliano non entra più nei piani di Guardiola e, sempre secondo il quotidiano spagnolo, piace al Milan.



 Capitolo Juventus 
E' previsto in questi giorni, in un albergo del centro di Milano, un vertice tra Juventus e Udinese per discutere di Inler e Sanchez, con Beppe Marotta e Gino Pozzo alla ricerca di un accordo. Rafinha è un giocatore del Bayern Monaco. Il brasiliano del Genoa ha superato la visite mediche ed ha firmato un contratto triennale che lo legherà al club bavarese fino al 2014.
Alexis Sanchez, stella cilena dell'Udinese. LaPresseLa Juventus non molla la pista Aguero ma ha pronto un piano B. Secondo Marca, i bianconeri sono in contatto col Real Madrid per discutere di alcuni calciatori attualmente in forza ai blancos: Lassana Diarra, Ezequiel Garay ma anche Karim Benzema e Gonzalo Higuain. In particolare, se alla fine Aguero finisse al Real, la Juventus concentrerebbe i suoi sforzi sul Pipita, anche se l'attaccante argentino non sembra entusiasta di andare a giocare in Italia. Ma al Real l'ipotesi non dispiacerebbe perchè con la cessione di Higuain potrebbe in parte finanziare l'operazione Kun. Appare invece più complicato il discorso per Diarra: il centrocampista francese, valutato attorno ai 20 milioni di euro, piace parecchio a Manchester United e Tottenham. Ferguson ha bisogno di rinforzare il centrocampo visto il ritiro di Scholes e l'addio di Hargreaves, Redknapp vorrebbe tornare a lavorare con Diarra vista la positiva esperienza comune al Portsmouth. 



 Capitolo Napoli 
"Napoli è la piazza giusta ma Cassano non si muove dal Milan. E l'ipotesi di Gilardino a Napoli non è percorribile perchè gli azzurri hanno già un grandissimo attaccante che è Cavani". Lo ha affermato a Radio Crc Giuseppe Bozzo, procuratore di Antonio Cassano. "Cassano non è sul mercato, la verità è questa - dice Bozzo -. Napoli è una grandissima piazza, è un posto bellissimo dove giocare e vivere, ma Cassano sta a Milano e resterà al Milan perchè così è scritto nel contratto e Galliani non mi ha mai fatto capire che voleva privarsi del giocatore, come Antonio non vuole lasciare il Milan. Poi nella vita tutto è possibile".
Il Napoli cerca una prima punta e sonda il terreno per Amauri e Trezeguet. L'italo-brasiliano, che ha finito la stagione a Parma, era già passato in Campania nel 2001, ma il favorito resta il francese, che si è liberato dall'Hercules Alicante. Per il centrocampo, offerta di 12 milioni pronta per Palacios del Tottenham, ma Palombo e Dzemaili sembrano obiettivi più semplici da raggiungere.


Luca Civerchia

3 giugno 2011

Giovani Scommesse: Dentinho

Il campionato brasiliano è uno di quei campionati che affascina maggiormente un osservatore di calcio, ed è qui che inizia ad esprimere il suo talento, Bruno Ferreira Bonfim, meglio conosciuto come Dentinho.
Nato a San Paolo, il 18 Gennaio 1989, inizia la sua carriera di calciatore nel 2005, nelle giovanili del Corintihians (primo club per numero di supporter in Brasile, dove di recente hanno giocato anche Ronaldo, Roberto Carlos e Nilmar) dove subito vengono notate le sue eccelse qualità tecniche e viene quindi promosso, dopo appena un anno, in prima squadra; senza dubbio un grande passo in avanti, per il giovane attaccante, alla tenera età di diciotto anni. 
Rimane al Corinthians per quattro anni, precisamente dal 2007 al 2011, collezionando numeri pazzeschi: 91 presenze per un totale di 52 reti. I suoi gol permetteranno al club di San Paolo di conquistare anche una Coppa del Brasile e un Campionato Paulista. In nazionale non ha ancora esordito, ma ha fatto tutta la trafila delle giovanili e ha conquistato da protagonista un Campionato sudamericano Under 20.

Secondo fonti autorevoli, negli ultimi anni è stato molto vicino a club prestigiosi inglesi e spagnoli, ma poi tutto è sfumato per le elevate pretese della società proprietaria del suo cartellino.
Il 21 Maggio 2011 la svolta, passa definitivamente agli ucraini dello Shaktar Donetsk (una delle squadre più ricche e blasonate dell'Est Europa) per 7,5 milioni di €; lo Shaktar è una squadra dove i giovani sono curati tantissimo, basti pensare a Willian, Douglas Costa, Luiz Adriano e Fernandinho; e' un ambiente che permette di far maturare i ragazzi con grande tranquillità ma dove allo stesso tempo gli si fa acquisire moltissima esperienza, dato che gli “arancioni” partecipano spesso alla Uefa Champions League.

Ora vorrei svelarvi, cari lettori, una piccola curiosità sul calciatore: all’inizio della sua carriera, sostenne dei provini con il Santos ed il San Paolo (due delle squadre più titolate del Sud America) ma l'attaccante non fu ingaggiato perché considerato troppo gracile e privo di massa muscolare. Strano davvero, scommetto che in questo momento i dirigenti delle due squadre si stanno mangiando le mani vedendo i gol e le prodezze del giovane Bruno.

Ma ora, dopo aver parlato approfonditamente della sua carriera, voglio illustrarvi il tipo di giocatore che è Dentinho:
E’ un bomber, la classica boa in mezzo all'area di rigore, ma all’occorrenza può adattarsi anche come seconda punta; non è uno di quei tipici “funamboli brasiliani”, anzi, è un ottimo finalizzatore che vede con continuità la porta. Nelle sue caratteristiche non manca il dribbling ubriacante. Giusto per intenderci, in un 4-2-3-1, il brasiliano, potrebbe giocare sia esterno nei tre dietro l'attaccante oppure come prima punta (il suo ruolo naturale).
In Brasile ultimamente stiamo sentendo parlare spesso di Neymar e Ganso (grandi giocatori eh, non si discute) ma a volte mi chiedo, perché non hanno “pompato’” anche Dentinho come stanno facendo con questi due? Forse è meglio per la sua crescita, avere pressioni per un giovane non è mai il massimo, ma il dubbio permane in me..
Ne sentiremo parlare tantissimo.


Ciro Di Matola