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31 maggio 2011

A me il pallone: Més que un club

Il nostro Francesco Turturiello, inaugura la rubrica "A me il pallone" dove ogni martedì approfondirà i temi più scottanti e bollenti della settimana. Quest'oggi, spazio ad una riflessione sui campioni d'Europa e di Spagna del Barcellona.


Da quando seguo il calcio, e sono più o meno 15 anni, ho sempre cercato sul campo una squadra che incarnasse il senso della parola “Campioni”.
Ho sempre reputato la parola “Campione” logora ed abusata. La si usa per tutto e troppo.
Sono fermamente convinto che non sia il titolo vinto che ti legittima quale “Campione”. Sei il vincitore, sei il primo classificato, ma non necessariamente sei “Campione”.
 
E questa mia teoria, fin’ora mai confutata se non nei ricordi di chi è più grande di me e mi racconta delle grandi squadre del passato, ha trovato riscontro sabato sera, in uno stadio che profuma di storia e che un pezzo di storia l’ha scritta di nuovo.

Il Barcellona è una squadra di “Campioni”. Non perché vincano sempre, non perché siano spesso i primi classificati, ma anche e soprattutto per COME lo fanno.
La cultura sportiva, la cantera, l’allenatore nato e cresciuto nel club, il gioco espresso, il fuoriclasse assoluto con il numero 10, lo stile, la sensibilità.
Non c’è stato nulla del Barcellona di ieri sera che non abbia trasmesso “cultura sportiva”. E voglio andare oltre le analisi tecnico-tattiche che negli ultimi due giorni hanno invaso la rete e la carta stampata. Lo strapotere espresso dalla squadra di Pep Guardiola va oltre ogni commento.

È qualcosa che riguarda un modo di essere, e persino il modo di esultare. La gioia di Pedro, un ragazzino che in finale non sbaglia mai e sembra quasi un predestinato, la rabbia di Messi che urla la sua classe in faccia a quelli che lo tacciano di essere poco decisivo nelle partite “ostiche”, la Coppa sollevata da Abidal che quasi pietrifica dalla commozione gli stessi compagni in un momento che solitamente è di gioia pura, e si trasforma in un inno alla vita e alla speranza.

Una filosofia che vedi dipinta su ogni volto: allegria, gioia dello sport, consapevolezza di essere esempio per gli altri. Nessun tatuaggio stampato su tutto il corpo, nessuno stravizio, nessuna esultanza fuori dalle righe o irriverente. Strette di mano, rispetto e tanta felicità.

“Més que un club”. Sta tutto lì. Non parliamo più di una squadra di calcio. Parliamo di una filosofia di vita e di sport, da insegnare possibilmente ai bambini sia sul campo sia a scuola. Perché con dedizione, lavoro, sacrificio ed umiltà, come ci hanno dimostrato questi ragazzi, si può davvero essere semplicemente “Campioni”.


                                                                 Francesco Turturiello